Bufera Organizzata nella Lega Nord. Di Enzo Mrangoni

Abbiamo letto con stupore la dichiarazione del collega consigliere regionale Marche della Lega Nord Roberto Zaffini, in merito alla vicenda giudiziaria che coinvolge il suo partito. Zaffini, incolpa “la moglie siciliana, la badante pugliese e il tesoriere calabrese” e disegna Bossi come “grande condottiero” vittima di un accerchiamento sudista. A parte la banalità dell’analisi e il razzismo antimeridionalista insito nelle sue parole, Zaffini dovrebbe chiedersi come mai la “badante pugliese” è divenuta Vicepresidente del Senato e come mai il tesoriere calabrese è divenuto sottosegretario di stato e vicepresidente della Fincantieri. Il fideismo ideologico che impregna Zaffini gli impedisce di capire che Bossi ha sempre saputo tutto e che ciò che è emerso sinora è solo la punta dell’iceberg. In realtà c’è molto ma molto di più da scoprire. Per rendersene conto basta leggere il libro, pubblicato nel 2010, “Umberto Magno”, scritto da Leonardo Facco, ex caporedattore de “La Padania”. Al contrario, condivido ciò che ha dichiarato il consigliere regionale della Toscana Dario Locci, anch’egli ex leghista come il sottoscritto: «Bossi è un piccolo Ceausescu caduto in disgrazia e che oggi raccoglie ciò che ha seminato. La sua caduta è l’esempio del fallimento totale del progetto politico del Carroccio e del tradimento politico della Lega che si è trasformata in una casta che dal federalismo è passata al familismo del Trota». Aggiunge, a mio avviso, correttamente Locci che «non è vero che la colpa non è di Bossi e che dopo la sua malattia è stato influenzato da pretoriani e matrone. Nella Lega mai è stata mossa una foglia che Bossi non volesse. Si è circondato di persone come Belsito, e ha fatto fuori le persone più capaci di cui la vittima più illustre è stato il professor Gianfranco Miglio». In realtà, Bossi si è sempre volutamente circondato di persone mediocri proprio per poter continuare a svettare nel partito, ha sempre scelto ubbidienti servitori pronti a rinunciare ad usare il proprio cervello in cambio di carriera politica. C’è anche da chiedersi come potessero non sapere altri dirigenti al top della Lega come Calderoli o lo stesso Maroni che ora sfrutterà la situazione per fare “pulizia” nel partito, in realtà per prendere il potere dopo 30 anni di numero due. Un ex ministro dell’interno e alto dirigente leghista che non sapeva nulla?Oppure uno, come i più che, per quieto vivere e timore riverenziale verso “il Capo”, non ha voluto vedere o ha fatto finta di non sapere? In realtà, vista la malaparata, è in atto un gioco delle parti, dove persino la protesta delle scope è ben organizzata. Ma lo stesso può dirsi per altri partiti politici. Come poteva non sapere Bersani ciò che combinava Penati? Come poteva non sapere Rutelli ciò che faceva Lusi? Tornando alla Lega Nord, come mai centinaia di dirigenti centrali e locali sono stati allontanati o espulsi negli ultimi 20 anni, rei, in buona sintesi, di non avere rinunciato ad usare anche il loro cervello. Il comportamento di Bossi di circondarsi di personaggi mediocri è stato imitato negli anni, a cascata, dai segretari regionali e questo spiega le migliaia di validi militanti e sostenitori delusi dalla Lega e allontanatisi dalla politica attiva. Sono rimasti nella Lega Nord solo i questuanti o gli affetti da miopia ideologica leghista.

Enzo Marangoni

Consigliere regionale autonomo dai partiti politici


 

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