Adriana Pierini e la sua esperienza in Benin con le missioni dei frati cappuccini

Nota del Comune

Una strada per andare. E’ il titolo della mostra fotografica di Adriana Pierini che verrà inaugurata sabato 4 agosto alle ore 18,30 nella Chiesa di San Pietrino a Recanati, in occasione del 25esimo anniversario della missione dei frati Cappuccini marchigiani in Benin. La mostra resterà aperta sino al 3 settembre con i seguenti orari: 10,00 – 13,00 e 16,00 – 20,00. Si tratta di una mostra fotografica che attraverso l’idea della strada descrive e narra una porzione di Benin, la stessa che dal 1987 a oggi i Frati Cappuccini delle Marche hanno percorso gradualmente da Cotonou a Ouidah ed infine ad Ina svolgendo la loro opera missionaria. Una strada che ha condotto gli schiavi oltreoceano agli inizi del XVII secolo e che oggi la popolazione del paese usa quotidianamente per gli spostamenti, per il commercio e a scopi ricreativi. È anche una strada acquatica, come quella di Ganvié, dove tutte queste attività si svolgono su zattere, battelli e barche. Una sola strada principale che attraversa il paese da sud a nord, percorsa in compagnia dei Frati Cappuccini partendo nel mese di gennaio 2012 in occasione del venticinquesimo anniversario della loro permanenza nel Benin. Una presenza, quella dei frati minori cappuccini marchigiani nel Benin, iniziata il 4 ottobre del 1987 anche se la gente li aspettava da almeno tre anni. Erano quattro: P. Vittore Fiorini da S. Severino Marche (MC); P. Mario Capriotti da Ascoli Piceno; P. Vincenzo Febi da Fermo; P. Giansante Lenti da Gallo di Petriano (PU). Quattro come gli evangelisti, ed erano stati invitati dall’episcopato per collaborare con la chiesa locale, anche se già completa in tutti i suoi ranghi. Ma… anche i vescovi erano stati “invitati” a chiamare i Cappuccini . Scrive P. Mario Capriotti, uno dei quattro pionieri:”Al nostro arrivo a Cotonou abbiamo scoperto di essere aspettati, grazie alla simpatia e all’amore che la gente aveva per P. Pio da Pietrelcina. Noi non siamo stati testimoni di episodi eccezionali riguardanti alcune sue vere o presunte apparizioni a un gruppo di preghiera costituito nella capitale bennese; ma sappiamo che il vescovo Mons. Christophe Adimou, pur avendo deciso sin dal 1982/83 di chiamare i Cappuccini, conosciuti in Costa d’Avorio da Mons. De Souza quando era Rettore dell’Istituto Cattolico dell’Africa dell’Ovest di Abidjan, decise insieme a Mons. De Souza, che nel frattempo era stato nominato suo cvoadiutore, di chiamarli quando la signora Claudine Do Régo, ‘su indicazione diretta di P. Pio’, disse, diede a uno di loro l’indirizzo esatto della Curia Generalizia dei Cappuccini e il nome del Ministro Generale del tempo, P. Flavio Roberto Carraro, oggi vescovo emerito di Verona.
Essendoci di mezzo P. Pio, il Padre Generale si rivolse ai Cappuccini di Foggia, (sembrava la cosa più logica, giacché P. Pio apparteneva alla Provincia religiosa di quella zona), che però declinarono l’offerta, avendo già una missione nel Ciad.
Andò in porto, invece, la proposta ai Cappuccini marchigiani, i quali accettarono non perché l’invito veniva da P. Pio, ma per andare incontro al desiderio dell’episcopato che vagheggiava una presenza francescana nel loro Paese .
Al nostro arrivo trovammo, quindi, un ambiente preparato ad accoglierci, grazie a quanto stava accadendo da qualche tempo e che continuava ancora: eravamo visti come i ’Frati di P. Pio’, perciò non mancarono segni di simpatia da parte delle persone coinvolte nelle suddette vicende.
Da parte nostra non mancarono contatti occasionali con tali persone; tuttavia cercammo di non essere coinvolti nella faccenda e mai mostrammo segni di una qualche adesione o condivisione. La prudenza ci impose di stare lontano da quanto si diceva accadesse di straordinario nel ‘Cenacolo’, il luogo in cui i fenomeni si manifestavano. Del resto, persone autorevoli, come l’Arcivescovo Mons. De Souza e il Vicario Generale Mons. Gilbert Dagnon, seguivano l’evolversi dei fatti e preferisco rimandare alle loro testimonianze”. 

Quel 4 ottobre 1987 i Cappuccini marchigiani decisero di aprire una nuova missione durante il capitolo spirituale tenuto a Loreto (AN) nell’aprile del 1986, sotto la presidenza del Definitore Generale P. Pacifico Antonio Dydycz, attualmente vescovo di Droymycz (Polonia). Da qualche tempo la Provincia non inviava più religiosi in aiuto alle chiese sorelle dello Stato di Bahia (Brasile), come faceva dal 1892  e nel 1969 aveva aperto una missione nel Wolaita, una regione del Sud dell’Etiopia, dove aveva una decina di religiosi. Sembrava più che sufficiente per una Provincia che, sebbene ancora non conoscesse la crisi vocazionale che sarebbe esplosa poco dopo, ne mostrava tuttavia i segni. Ebbene, nella primavera del 1986 arrivò al P. Generale P. Pasquale Rywalski una lettera di Mons. Isidore De Souza che, a nome dell’arcivescovo di Cotonou, Mons. Christophe Adimou, di cui era vescovo ausiliare, chiedeva i Cappuccini per la sua diocesi. P. Rywalski era al termine del suo mandato e passò la richiesta al successore, P. Flavio Roberto Carraro il quale, saputo che c’era di mezzo P. Pio, offrì la missione ai Cappuccini di Foggia, che rifiutarono. Gli impegni nel Ciad non consentivano un’ulteriore presenza in Africa. La proposta fu passata allora ai Cappuccini marchigiani, che accettarono.
Bénin…Dov’era? Come era? E’ proprio vero che l’Africa è più conosciuta per le guerre, le carestie, i massacri etnici che per le realtà più immediate, come la geografia. Bisognava informarsi, e una delegazione partì in avanscoperta, mentre quattro religiosi presero la via della Francia per approfondire le nozioni del francese studiato in seminario, ma insufficienti per comunicare con la gente che li attendeva. Bastarono due mesi in Rue Boissonnade a Parigi, dove si trova il convento dei Cappuccini. Prima di partire fecero un pellegrinaggio a S. Giovanni Rotondo (di nuovo P. Pio!) e una visita alle Monache Clarisse Cappuccine di Mercatello sul Metauro (PU);  poi il 4 ottobre 1987 i quattro pionieri si imbarcarono per Cotonou, dove arrivarono il giorno stesso, accolti da una folla in festa che li chiamò subito “i Frati di P. Pio”. Era notte e c’era bisogno di riposo, non tanto per la stanchezza del viaggio, quanto per le forti emozioni provate: l’impatto con la folla; l’entusiasmo molto caloroso; l’inaspettato benvenuto con l’acqua sparsa sulla soglia della casa che li accoglieva a porte spalancate, mentre la gente non finiva più di salutare con una raffica di kuabo, benvenuti . La notizia del loro arrivo, chi sa come e perché, arrivò anche al…pungiglione delle zanzare e, dopo appena un mese P. Vincenzo e P. Giansante si ammalarono di malaria . “È il vostro battesimo, disse la gente: ora siete davvero africani.”

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