Elogio della tenerezza

Nota di Girio Marabini. In un epoca in cui le parole più che dette sono urlate, in cui invece di vedere nell’altro una persona con la quale collaborare in concordia ed in amicizia per affrontare i problemi della vita, si vede l’avversario o il nemico da contrastare, fare l’elogio della tenerezza può sembrare un qualcosa fuori del tempo, una utopia? oppure può essere considerato un atto straordinario? Non è forse straordinario Papa Francesco quando dice:“Non dobbiamo avere paura della bontà, e neanche della tenerezza”;“il vero potere è il servizio“; “custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore” ? Servire non è farsi servo ma è mettere a disposizione degli altri il proprio essere per il bene della comunità. Bontà e tenerezza non sono certo categorie che riguardano solo i cristiani, riguardano tutti: sono lo strumento per ricostruire le relazioni umane, sono il centro vivo e pulsante di una società che voglia dirsi civile. Il filosofo d’origine ebraica Martin Buber, convinto che alla base di tutto vi fossero le relazioni umane , aveva tracciato la distinzione tra la relazione Io-tu e la relazione Io-esso. Nel primo caso c’è il dialogo, la comprensione, o anche una sana competizione nel senso originario del termine che è aspirazione ad un traguardo comune; nel secondo caso l’altro viene considerato un estraneo da contrastare o da utilizzare per i propri scopi (si veda  Martin Buber “l’Io e il Tu” Bonomi Editore, Pavia,1991). La bontà e la tenerezza però non sono i segni della remissività e della debolezza, rappresentano al contrario la forza di colui che rispetta e chiede rispetto, che ascolta le ragioni degli altri e che chiede d’essere ascoltato, che in definitiva orienta il proprio io in direzione dell’altro senza rinunciare alle proprie idee e a se stesso. Esse sono prerogative dell’uomo mite, non certo dell’arrogante a cui appartiene solo la volontà di primeggiare. Così si esprimeva il filosofo Norberto Bobbio: “La mitezza è il contrario dell’arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri meriti, che giustifica la sopraffazione.(…)  Il mite non ostenta nulla neanche la propria mitezza: l’ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente,sfacciatamente le proprie pretese virtù, è di per se stesso un vizio (…)La virtù ostentata si converte nel suo contrario. Chi ostenta la propria carità manca di carità. (…).(in “Elogio della Mitezza ed altri scritti morali”, Linee d’ombra edizioni, Milano,1994,pag.24).

Tutto questo non è retorica, è al contrario la speranza in un mondo migliore.

Buona Pasqua a tutti i lettori di Radioerre.net

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