Un 25 aprile in ricordo di Don Lauro Cingolani a cui, L'Amministrazione Comunale ha deciso di intitolare una targa posta all'ingresso del Duomo. La cerimonia si è svolta al termine del tradizionale corteo che ha percorso le vie del centro storico accompagnato dalla banda B. Gigli, dopo l'omaggio ai caduti in piazza Leopardi. E’ stato Carlo Cingolani, fratello di don Lauro, a ricordare la missione pastorale del sacerdote, scomparso un anno e mezzo fa. Don Lauro, originario di Montecassiano è giunto a Recanti nel 1942 dove contribuì, durante la seconda guerra mondiale, a nascondere decine di ebrei sul campanile della concattedrale di San Flaviano per sottrarli ai rastrellamenti al passaggio delle truppe tedesche in città. Partigiani o renitenti alla leva obbligatoria hanno trovato rifugio in città e nelle campagne recanatesi per opera di sacerdoti con il rischio di essere fucilati. “Don Lauro, racconta il fratello Carlo, in questo periodo ha fatto silenziosamente la sua parte lasciando all'oscuro delle sua azioni persino la famiglia. Si è preso cura di una mamma e una bambina ebree, non ricordo il nome né la provenienza. Ricordo che mi disse che una loro prima collocazione fu nell'albergo Recina di Recanati. Non trovandolo, però, un rifugio sicuro, essendo l’albergo frequentato da troppa gente, persino da soldati tedeschi, mamma e figlia furono diversamente sistemate fino a scampato pericolo. Dopo molti anni don Lauro, ha ricordato ancora Carlo Cingolani, è riuscito a ritrovare la bambina, ormai adulta (la madre era nel frattempo morta) docente universitaria in Milano.” Infine il fratello Carlo racconta di un fatto di cui è stato testimone diretto: “il sottoscritto, non più giovane, ricorda l'impressione a leggere il proclama a firma Kesserling "Actung"in cui si faceva perentorio obbligo ai giovani, dai 18 anni in su, a presentarsi nei distretti militari territoriali per essere arruolati nelle forze della repubblica di Salò. E qui don Lauro mise a disposizione, di cinque giovani recanatesi, il sottotetto del palazzo Bambini di corso Persiani, pertinenza parrocchiale con un ampio ambiente, luminoso con una via di sicurezza sui tetti dei fabbricati vicini.” Qui, i cinque giovani, soggiornarono fino a che non ottennero altra sicura destinazione. E tutto questo all'oscuro dei genitori del sacerdote ai quali non era consentito accedere in soffitta per mancanza di chiavi. Io me ne accorsi solo perché, racconta ancora Carlo Cingolani, non trovando le chiavi, tentai di forzare la porta e dall'interno sentii delle voci. Misi al corrente di ciò don Lauro il quale mi rivelò la situazione pregandomi di tenere la bocca chiusa con chiunque, anche in casa.”
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