Giorgio Calvaresi c’era quel giorno ad Heysel

"E' stata una vera tragedia, attimi che non dimenticherò mai. Ancora oggi quando mi capita di andare allo stadio, al palazzetto o assistere a qualche assemblea o incontro pubblico mi posiziono sempre vicino all'uscita". E' la testimonianza di chi ha vissuto sulla propria pelle la strage dell'Heysel dove persero la vita 39 persone in quella che doveva essere una bella giornata di sport con la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool. A ricordare quel drammatico avvenimento è Giorgio Calvaresi, nativo di Monte Urano e oggi recanatese d'adozione che quel 29 maggio 1985 si trovava a Bruxselles in compagnia di alcuni amici e dello storico presidente della Monturanese.

"La nostra fortuna è stata quella di essere arrivati con ritardo allo stadio e aver trovato posto nella parte alta della famigerata curva Z.

Questo ci ha consentito di trovare subito la via d'uscita quando la situazione ha iniziato a farsi drammatica" racconta Calvaresi,, da sempre uomo di sport prima come segretario della Monturanese ed oggi addetto stampa del Basket Recanati che milita in A2 Unica. "Abbiamo raggiunto il Belgio con un volo charter partito da Falconara e appena sbarcati ci siamo accorti che la situazione non era tranquilla, come testimoniavano le strade intorno allo stadio disseminate di bottiglie vuote. Quando siamo arrivati gli scontri erano già iniziati e abbiamo assistito alla tragedia che si compieva sotto ai nostri occhi. La polizia era inadeguata e insufficiente a gestire la situazione e gli hooligans rimasti senza biglietto continuavano ad entrare nello stadio scavalcando i muretti di recinzione. Eravamo consapevoli che sotto di noi qualcuno stava perdendo la vita e non potevamo far nulla per evitarlo".

Quella dell'Heysel è stata una strage annunciata proprio a causa dell'inadeguatezza delle forze dell'ordine, delle scarse misure di sicurezza dello stadio ma sopratutto della stupidità e violenza degli hooligans.

"L'unica cosa che hanno azzeccato in quella tragica giornata è stata la decisione di far disputare la partita, ancora oggi oggetto di tante discussioni" dice Calvaresi. "E' stata comunque una strage annunciata.

Ad un servizio d'ordine insufficiente si è aggiunta anche l'inadeguatezza dello stadio. Ricordo ancora le gradinate in terra e erba e le reti che ci dividevano dagli inglesi. Sembravano quelle che utilizzano i contadini nei pollai. Ad un certo punto gli hooligans sono arrivati a dieci metri da noi, dei potenti razzi sono volati sopra la nostra testa schiantandosi sulle colonne. A quel punto me ne sono andato. La voglia di assistere alla partita non c'era piu', nonostante le 300mila lire pagate per viaggio e biglietto. La priorità a quel punto era restare vivo. Anche fuori dallo stadio la situazione non era delle migliori. Il caos regnava sovrano e ho raggiunto l'areoporto chiedendo un passaggio a dei tifosi juventini di Udine".

Al dramma di chi è stato testimone oculare di una delle pagine piu'

drammatiche del calcio mondiale si è sovrapposto anche quello di coloro che assistevano alle scene davanti alla tv con l'apprensione crescente nei confronti dei propri cari in trasferta a Bruxelles.

"Ovviamente all'epoca non esistevano i cellulari" conclude Calvaresi.

"Sapevo che a casa erano preoccupati per me. Mia moglie e mia figlia probabilmente erano davanti alla tv. Solo dopo alcune ore sono riuscito a tranquillizzarle con una breve telefonata. La partita l'ho ascoltata alla radio ma non c'era proprio niente da festeggiare. Solo quando sono tornato a casa ho realizzato di avere la maglietta insanguinata, perchè durante la fuga avevo aiutato qualche tifoso ferito a raggiungere un punto di medicazione. Quelle macchie sintetizzano alla perfezione la tragedia che si è vissuta all'Heyselle. Per cinque anni non sono andato piu' allo stadio, gli incubi hanno rovinato molte ore di sonno e ancora oggi quando vado in posti affolati cerco sempre un posto vicino all'uscita,.

 

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