Che figuraccia che abbiamo fatto. E adesso chi chiede scusa?

Tre anni fa venne annunciato come l’evento culturale dell’anno. Era  l’estate del 2012 e nel museo di Villa Colloredo Mels venne esposto il dipinto “Il Fienile protestante” che i due curatori della mostra, Masi e Mascii, presentarono come l’ultima opera di Van Gogh prima di morire suicida. Il direttore del museo, Antonio Perticarini, e l’amministrazione comunale dettero il massimo sostegno e risalto all’iniziativa non mostrandosi disposti ad accogliere i consigli di chi, autorevoli critici d’arte e conoscitori del pittore fiammingo come Antonio de Robertis, invitavano, invece, alla massima prudenza sollevando seri dubbi sull’autenticità del dipinto.

Una vicenda che successivamente finì anche con la carta bollata con denunce per diffamazione:  recentemente il Tribunale di Firenze ne ha archiviata una intentata dagli stessi Masi e Mascii nei confronti di un giornalista di un importante quotidiano nazionale e del direttore dell’Istituto olandese di Firenze, Michael Kwakkelstein, in occasione di un articolo uscito l’anno scorso di presentazione dell’esposizione a Firenze dello stesso dipinto. Nell’ordinanza di archiviazione il giudice tira le orecchie a certe “istituzioni locali” ree di non aver adottato la “minima accortezza”, omettendo qualsiasi controllo scientifico, nell’organizzare questa iniziativa. Dal dispositivo di archiviazione del Gip di Firenze si viene a sapere anche che, come risulta dagli atti acquisiti al fascicolo, il Mascii, cioè uno dei curatori delle due mostre, quella recanatese e quella fiorentina, “dopo aver infruttuosamente richiesto l'accreditamento all’istituzione maggiormente accreditata, a livello mondiale, su Vincent Van Gogh, il Museo Van Gogh di Amsterdam, ricevendo risposte inequivocabilmente negative sull’attribuibilità del dipinto all'Artista, nel prosieguo del suo tentativo di accreditamento aveva intenzionalmente sbianchettato il responso del Museo per proseguire nella sua attività di promozione del dipinto, occultando tale dato sensibile anche al Kwakkelstein con il quale aveva iniziato una collaborazione e che, accortosi del fatto, aveva immediatamente contestato al Mascii la condotta interrompendo ogni relazione.” In definitiva dalla lettera rilasciata dal museo van Gogh di Amsterdam fu cancellata la  parte in cui il museo scriveva che “il Fienile non era un Van Gogh.”

Infine sempre dal Gip si apprrende che il Mascii era stato inizialmente indagato “per concorso nell'accreditamento come autentica e riconducile al pittore Vincent Van Gogh di un'opera di pittura che sapeva essere falsa.” Indagine che è stata chiusa con un provvedimento di archiviazione visto che non ci fu alcun tentativo di vendere il quadro come opera del pittore fiammingo.

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