Quando ha letto la cifra contestatagli da Equitalia lì per lì si è sentito mancare ma poi ha fatto velocemente due conti in tasca ed è ritornato a sorridere. Certo che quando ti arriva una cartella esattoriale con scritto in calce che sei debitore nei confronti dello Stato di 3 milioni e 300 mila euro sono cose che abbattono anche un toro. Ma non il pensionato recanatese che dovrebbe avere un cuore ben funzionante anche perché ormai ci è abituato a ricevere periodicamente l’aggiornamento del suo debito che si tira avanti da circa 25 anni, da quando, titolare di una piccola impresa, ha chiuso baracca e burattini lasciando degli insoluti, per lo più versamenti Inps, che, con il tempo, sono lievitati sino a raggiungere la cifra che dicevamo.
All’ormai settantenne, che vive di una pensione di appena 600 euro mensili, senza alcun deposito bancario o postale e non essendo neanche proprietario di casa o di altri beni, cosa potrebbe mai capitare? Nulla, perché la pensione sociale non è pignorabile, ma eventualmente solo la cifra che eccede il suo importo e nemmeno per intero ma solo per un quinto. Quindi, fatti due conti, il nostro non rischia nulla. E poi di fronte a somme così stratosferiche la preoccupazione non esiste proprio. Peggio sarebbe stato se Equitalia gli avesse contestato 1000 euro.
Ma perché dopo tutti questi anni al pensionato arrivano ancora simili cartelle che con il buon senso Equitalia dovrebbe ormai riporre in un cassetto considerando il credito inesigibile e chiudere così la pratica senza che ogni volta i burocrati perdano tempo a fare tutti i calcoli con tanto di spese per la notifica dell’atto. “Già, me lo domando anch’io, ci dice l’avvocato Marco Cingolani che conosce bene la disavventura di questo recanatese. Non ha senso, se non per ragioni che mi sfuggono, la richiesta a distanza di tanti anni di simili cifre. Sono cartelle che vanno ad alimentare il calderone dei crediti dello Stato che, essendo palesemente inesigibili, costituiscono tempo perso per la burocrazia.”
Senza contare il denaro speso per l'invio dei plichi, il pagamento del lavoro dei funzionari e gli altri costi delle notifiche: denaro letteralmente gettato nel cassonetto. Ma lo Stato è duro a mollare forse con la speranza che il suo debitore erediti dei beni pignorabili o che vinca alla lotteria o come è accaduto tempo addietro venga beccato con 50 euro come deposito postale che subito gli sono stati pignorati.
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