Le cause della crisi economica, che da anni ci perseguita e che ci sta travolgendo, sono molteplici e per quanto riguarda l’Italia tra le stesse non ha avuto e non ha un ruolo marginale il comportamento della nostra classe imprenditoriale che ha pure delle ragioni dalla sua parte a voler essere onesti ma che ha guardato ai suoi interessi senza troppe considerazioni per l’interesse generale al quale si dovrebbe qualche attenzione nella logica dell’economia sociale da molti auspicata.
A fronte di una riduzione non mortale dei margini di profitto, di migliori e più convenienti prospettive in altre zone, di interessanti opportunità in campo finanziario, sono stati evitati investimenti produttivi nella ricerca, nell’ammodernamento degli impianti, nell’innovazione ed in quant’altro potesse essere utile a fronteggiare la crisi salvando dalla disoccupazione e dalla fame centinaia di migliaia di persone.
A tale proposito trovo illuminanti ed altamente istruttive le seguenti considerazioni che al principio del secolo scorso, ma per questo non meno attuali, espresse da Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat, inizialmente una semplice officina meccanica.
“L’industrialismo ha creato una nuova classe che dolora e preme e reclama i suoi diritti. E quella che a molti sembra oggi una rivoluzione (i moti del 1898 non erano lontani n.d.r.) non è altro che la giusta esplosione contro uno stato di cose che va corretto. Per i conservatori il socialismo rappresenta un fastidioso drappo rosso agitato davanti al muso dell’orco capitalista. Orco benefico in quanto da’ pane e lavoro ma che forse pensa un po’ troppo ai suoi interessi…..Essa (la violenza n.d.r.) verrà meno il giorno in cui i signori industriali si renderanno conto che è necessario mettere da parte i vecchi sistemi per avviarsi alla mutua comprensione e alle eque concessioni.”
Rallegrerebbe molto vedere all’orizzonte qualche effettivo segnale incoraggiante, in particolare a beneficio dei giovani.
Gianni Bonfili.
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