“Ho avuto la stessa sensazione forte che ho provato la prima volta che sono andato ad Auschwitz tanti anni fa: il senso di morte causato dall’uomo, lì dalla cattiveria e dalla scempiaggine, qua dalla negligenza, dal fatto che non ci fosse un dialogo fra coloro che controllavano quello che non era un gioco per ragazzi.” Parla con sgomento Alfredo Moretti, medico di famiglia nonché vice presidente della Fondazione Ircer, del suo ultimo viaggio, insieme agli amici di sempre, in Ucraina, a Chernobyl. “Alla fine di aprile di quest’anno è stato il 30° anniversario della tragedia e per la prima volta il governo di Chernobyl iniziava a concedere dei permessi, molto ben oculati e ben retribuiti, per potersi avvicinare alla zona.” Si parte: prima tappa Minsk, capitale della Bielorussia, e poi via terra il trasferimento a Kiev e Chernobyl. “Volevamo anche capire le due visioni storico-politiche: la Bielorussia è un paese storicamente filo-russo mentre l’Ucraina negli ultimi due anni si è avvicinato alla mentalità occidentale andando in contrasto aperto con la Russia. In dieci anni, dall’ultima volta che ero stato qui, la Bielorussia ha fatto uno scatto in avanti notevole: Misk è una città fantastica, moderna, con grossi grattacieli e importanti realtà commerciali. In Ucraina la situazione è completamente diversa e la piazza Maidan è ancora piena delle corone in onore dei caduti degli incidenti di due anni fa, senti perfettamente l’odio verso il cugino russo.” Oggi intorno alla centrale nucleare, dove c’era il nocciolo, è stato realizzato circa 15 anni fa un sarcofago protettivo ma, a causa di segnali di cedimento, sono in corso imponenti lavori per ricreare un nuovo sarcofago, chiamato “Arca di Noè”. “Dalla zona, dove è avvenuta l’esplosione nucleare, è stata realizzata una zona off limits a tre cerchi concentrici all’esterno, racconta Morelli, con evacuazione totale di tutti. La sorpresa è che la diffusione della radioattività è andata a macchia di leopardo, forse a causa delle acque sotterranee. Siamo arrivati nel punto dove stanno costruendo il nuovo sarcofago e qui è l’unico posto dove ci è stato impedito di fotografare. La visita più prolungata è alla città di Pryp'jat', città che era vicina a Chernobyl e alla centrale e che era abitata prioritariamente da 55 mila abitanti circa, per la maggior parte giovani che lavoravano alla centrale. Vedi piscine, asili e campi giochi e queste sono certamente le immagini che restano più impresse negli occhi e nel cuore. Abbiamo visitato anche il parco giochi, che sarebbe stato inaugurato il 1° maggio del 1986: la disgrazia avvenne il 26 aprile e questi impianti non sono stati mai inutilizzati e c’è veramente un segno di morte cattiva, oserei dire, perché causata dalla scellerataggine degli uomini.”
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