E’ in città per un breve periodo di riposo da trascorrere con la sua famiglia Padre Giuseppe Moretti, sacerdote barnabita che ora si trova a Roma, dal gennaio scorso, destinato alla Curia Generalizia, dopo aver terminato la sua missione in Afganistan per raggiunti limiti di età. Per 18 anni è stato a Kabul, unico rappresentante della Chiesa cattolica in quella terra martoriata dalla guerra civile. Fu perfino ferito da una scheggia di un missile che cadde proprio nella sua abitazione. Il suo più grande sogno era quello di costruire una chiesa pubblica fuori le mura dell’Ambasciata. Come si trova a Roma padre Giuseppe?
“La differenza la sento perché a Kabul ero solo e vivevo in un contesto particolare dal punto di vista sociale e internazionale, specie dopo l’11 settembre 2001; a Roma è il rientro in una comunità dopo 15 anni e mi trovo in una situazione di vita religiosa ben diversa dal passato ma l’essere religioso comporta anche questi cambiamenti. Anche l’attività è molto differente: la vita pastorale che avevo a Kabul, seppur limitata alla comunità internazionale, era molto intensa perché sono stato anche cappellano militare per alcuni anni dei campi americani.”
Come è arrivato a Kabul?
“Allora insegnavo a Firenze e siccome il cappellano di quei luoghi aveva bisogno di un periodo di riposo il mio superiore generale mi chiese se avessi voglia di fare una vacanza diversa proponendomi l’Afganistan. La presi come un’avventura ma come chi va in Africa io mi ammalai di Afganistan per cui quando la sostituzione divenne urgente e definitiva fu spontaneo che fossi io. Altrettanto quando fu riaperta, nel novembre del 2001, l’ambasciata e di conseguenza la Cappella: questa volta a richiedere la mia presenza fu direttamente la Santa Sede”.
La sua più grande realizzazione in quei territorio è sicuramente la scuola
“La scuola, realizzata con l’aiuto dei recanatesi e di tanta brava gente, offre la possibilità a 2000 giovani, dalle elementari sino al liceo, maschi e femmine, di studiare e hanno a disposizione ben 25 aule. Prima di partire ho chiesto al direttore e agli insegnanti di abituarsi a camminare da soli e al mio successore ho detto di dare uno sguardo. Certo io continuerò, nel limite del possibile, ad aiutarli ma non c’è più quell’assistenza diretta e personale che avevo a Kabul. La scuola è pubblica ed è entrata a far parte del ministero della pubblica istruzione afgano tanto che gli insegnanti e il direttore sono stipendiati dal governo. Tutto il villaggio, essendo pastum, non è stato mai attaccato in alcun modo almeno sino ad oggi. La scuola è importante specie per le ragazze che a 14/15 anni sono già in età da marito e per loro c’è il rischio di dover abbandonare gli studi.”
Sono stati in molti a tributarle riconoscimenti per la sua attività
“Io ho cercato di fare del bene. Ho avuto la fortuna di vivere la storia dell’Afganistan dal primo periodo di pace e poi via via la successione degli eventi sino all’attualità. Ho amato la gente che ho aiutato, sia materialmente che spiritualmente, e questo amore è ricambiato perché è un amore sincero, che va verso la persona in quanto persona al di là della loro fede e del loro credo. Ho ricevuto diverse onorificenze da parte dello Stato ma sarebbe vanità ricordarle, significa che c’è stato un apprezzamento per il mio operare. Io mi faccio sempre una domanda come sacerdote: Dio mio, come ti possono riconoscere gli altri in me? Mi sforzo di fare un buon sacerdote e spero di riuscirci e ho bisogno che gli altri preghino per noi sacerdoti. I fedeli oltre a criticarci quando la meritiamo, debbono sentire il dovere di preghiera perché noi possiamo essere più degni del grave compito che Dio ci ha affidato, specie per il loro territorio.”
Segue ancora le vicende politiche di quel paese?
“Si. La situazione non è pacifica e in queste ultime settimane si è intensificato l’attacco dei talebani nella capitale con molti morti e la guerriglia non si è mai fermata nel paese. Mi sembra che i talebani abbiano preso più consistenza anche perché le truppe della Nato si sono ritirate, sono rimasti 10 mila americani e pochi gruppi di altri paesi ma sono lì solo per preparare la polizia locale. Purtroppo c’è sempre il dualismo nella composizione del governo con una ripercussione nella realizzazione di programmi sociali e di pace, è una situazione difficile e fluida. Sicuramente dietro i talebani ci sono esperti di altre nazioni che li addestrano e li armano bene. Fonte della loro ricchezza è l’oppio, è una miniera ricca per loro.”
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