Senza l’intenzione di disconoscere nemmeno in minima misura la portata del voto referendario che ha respinto la proposta della modifica costituzionale sull’impostazione del nostro sistema parlamentare,per ribadire la mia interpretazione del voto in chiave di scontro politico del tutto contingente,accortamente coperto da considerazioni di alto significato ideale,sostenute anche da personalità di rango,trovo utile un riferimento storico di per sè poco opinabile.
Nel 1946,proclamata la Repubblica,nei lavori preparatori di quella che sarebbe diventata la nostra Costituzione del 1947,contava assai il fatto che era molto incerto il futuro politico dell’Italia : da una parte una sinistra,anima della lotta vittoriosa contro il fascismo,orientata a radicali cambiamenti nella nuova Repubblica,dall’altra uno schieramento più moderato orientato ad evitare traumi troppo vistosi.
Inoltre era fresco in tutti il ricordo doloroso dell’autoritarismo della dittatura fascista.
In quel momento,come risulta dagli atti,la sinistra non era molto portata al decentramento dei poteri,ivi compreso il sistema camerale,al contrario del fronte moderato,favorevole ad un forte frazionamento dei poteri centrale e periferico.
Alle elezioni generali del 1948,con la netta vittoria del fronte moderato capeggiato dal la Democrazia Cristiana , le posizioni si rovesciarono completamente.
I perdenti a reclamare a gran voce i decentramenti,i vincenti a frenare.
C’era o non c’era ALLORA,c’è o non c’è OGGI,il bisogno della distribuzione,del frazionamento dei poteri,in una logica di democrazia diffusa? O c’era ALLORA come c’è OGGI il calcolo di un tornaconto di parte,ancorchè legittimo nel gioco politico?
Ma io sostengo che il primo elemento sul quale deve fondarsi una reale democrazia,che deve comportare in primis l’emancipazione complessiva dell’individuo,deve essere la CHIAREZZA, senza tanti calcoli e raggiri.
Gianni Bonfili.
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