Prima di entrare nel vivo di questo, secondo me, fondamentale dibattito che si è aperto in Radioerre mi corre l’obbligo di dire a chi si dimostra insofferente alle lunghe esposizioni che gli argomenti affrontati non sono riconducibili ad un bignamino e non vanno presi con superficialità, visto che riguardano la vita di noi tutti.
E se uno vuol vivere in un mondo tutto suo, nessuno lo obbliga a seguire queste discussioni.
Entrando nel merito, senza la pretesa di scrivere un trattato di politica economica, debbo precisare subito che non mi trovo tra quelli che dicono che quanti sostengono un punto di vista diverso sbagliano completamente.
Infatti ritengo che, ascoltando attentamente gli altri, si può anche correggere i propri errori, sempre possibili dato che l’infallibilità non è di questo mondo.
Chi critica certi inconvenienti che scaturiscono dallo statalismo, dall’intervento pubblico in economia, dall’adozione di lacci e laccioli che imbrigliano e condizionano l’iniziativa privata, non ha tutti i torti.
Ma non può relegare lo Stato solo alle funzioni del tutto estranee all’economia.
E per un motivo molto semplice : lasciare al mercato, il vero regno dell’iniziativa privata, tutta la dinamica economica significa sgombrare il campo dalla morale, come ha sostenuto Einaudi in persona, che non mi risulta essere un capofila del pensiero socialista.
La morale, infatti, non si concilia con la legge del profitto che è il presupposto dell’offerta, senza la quale il mercato muore.
Va tenuto presente, tuttavia, che il profitto poggia sul principio della massimizzazione, che si consegue a spese della domanda, l’altro corno del mercato.
La morale, e mi riferisco al sistema non alle persone, viene fatta a pezzi quando la suddetta logica investe il rapporto di lavoro perché un salario insufficiente per una vita normale intacca proprio il diritto alla vita, valore al vertice della morale.
Il ragionamento avrebbe tanti altri aspetti importanti da trattare, ma qui è giocoforza che mi fermi e mi fermo.
Concludo dicendo che il modello di sviluppo economico da perseguire deve essere quello dell’economia mista che scaturisce dalla programmazione democratica nella quale ogni parte sociale si fa onestamente carico delle ragioni dell’altra, anche se la cosa non è affatto semplice, come ha dimostrato la nostra storia dei decenni passati che, appunto, in proposito ha segnato un fallimento.
Gianni Bonfili
P.S. Mi piacerebbe sentire anche l’opinione di esponenti politici, del PIeDI ( il resto è svanito ), dei CINQUE dell’avemaria ( l’ora del tramonto ), degli UnDICI ( pochi, quasi niente ), di FI (……), della LEGA ( sinonimo di fascio ).
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