Gianfranco Fuselli, medico di base, e i numeri economici e la burocrazia della sanità

Una volta li chiamavano medici condotti, prestavano assistenza sanitaria gratuita ai poveri e, dietro pagamento, secondo un tariffario, agli altri cittadini. Oggi li chiamano, con un termine più ampolloso, medici di medicina generale, che poi sarebbero nella vulgata i medici di famiglia. Gianfranco Fuselli, è uno di loro e ci tiene subito a sfatare quello che spesso si sente dire e cioè che hanno un lauto stipendio e fanno ben poco. “Io questa mattina, dice, la prima telefonata l’ho ricevuta alle 7,30 e sino a questa sera, anche sino alle 22,30, è una telefonata dietro l’altra. Vedo mediamente 40/45 persone al giorno e ci sono punte di oltre 100 pazienti. Il lavoro del medico di base è particolare e va dall’urgenza, che devi indagare se è reale o no, alla verifica della terapia farmacologica. In più c’è tutta la burocrazia che copre quasi l’80% della sua attività. Noi siamo liberi professionisti e abbiamo la spada di Damocle della revoca perché il mio stipendio non è fisso, come quello del medico ospedaliero, ma è calcolato in base ai pazienti che ho che possono, anche senza dare alcuna giustificazione, dall'oggi al domani cancellarsi da me e scegliere un altro medico. Non abbiamo cassa integrazione, giorni di ferie pagate, non abbiamo malattia né maternità, non abbiamo tredicesima o quattordicesima e il fondo pensioni privato, è in base al numero dei pazienti assegnati. In media ognuno di noi ha circa mille pazienti e ciò significa che il nostro stipendio è di circa 40 mila euro all’anno: ma gestire mille persone non è uno scherzo! Qualsiasi dirigente libero professionista, che ha la responsabilità di mille persone, non prende 40 mila euro all’anno ma 400 mila. Io non dico che sono pochi ma che, rapportato al lavoro che si fa e al rischio che ci accolliamo, quei soldi non sono la stragrandissima cifra di cui si parla.”

Per Fuselli il sistema sanitario italiano è uno dei migliori rispetto a quello delle altre nazioni e capisce bene la necessità di razionalizzare la spesa anche se in realtà è una miseria per mantenere la popolazione in uno stato di salute. Per lui sicuramente è una spesa da razionalizzare ma bisogna lavorare su tutto quello che è extrasanitario. “Negli ultimi 30 anni, quando si è trattato di tagliare sulla spesa sanitaria si è iniziato a farlo sempre dalla parte sbagliata, e cioè dalla parte sanitaria e non quella amministrativa, cioè si è sempre tagliato sulla spesa farmaceutica e sulla medicina di base, e parliamo del 28% della spesa sanitaria totale, togliendo servizi e riducendo il numero dei farmaci o continuando ad utilizzare sempre più farmaci vecchi rinunciando alle nuove molecole perché costa troppo. Il 72% è la spesa degli ospedali e delle strutture amministrative: su questo si inizia solo ora a risparmiare qualcosa. Secondo me abbiamo un enorme spreco dal punto di vista amministrativo non nel personale ma nel modo in cui viene gestita la burocrazia.”                                

 

 

 

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