Doppia festa oggi nella Parrocchia di Cristo Redentore a Villa Teresa. Oltre alla cerimonia della cresima che ventisei ragazzi, hanno ricevuto dal vescovo Nazareno Marconi, i parrocchiani, hanno voluto ricordare i venti anni dell’arrivo, nella loro chiesa, del parroco don Rino Ramaccioni. Hanno fatto coincidere i due eventi proprio perché il “grazie” che essi desideravano rivolgere a questo prete coraggioso e vero, potesse venire a conoscenza di più persone possibili. Don Rino infatti è molto amato e stimato per la sua attenzione verso coloro che non compaiono nelle boriose classifiche umane e che abitano nelle più sperdute periferie del mondo, senza dimenticare i poveri di casa nostra. Alla Caritas da lui ospitata, tutti possono trovare un pezzo di pane fresco o un abito da indossare. E’ amato da tutti inoltre, per la sua instancabile battaglia per la pace e per quella sua libertà interiore che nessuno può violare e della quale Dio è la sorgente e il garante. Non disdegna il ruolo del “don Camillo” così come non ama la vita di solitudine del “curato di Bernanos”. Egli è dinamicità e vita spesa per gli altri e con gli altri. Gli è stata consegnata, alla presenza del vescovo, una targa accompagnata da una commovente lettera di ringraziamento, manoscritta su pergamena.
A don Rino i migliori auguri.
26 NOVEMBRE 2017
“”Carissimo don Rino,
venti anni fa, sei arrivato in mezzo a noi, con le tue poche cose, ma con un carico incredibile di ricchezza spirituale, di umanità e di quel senso squisito di Dio che vedevi nei poveri, negli emarginati, negli ultimi e in quelli che non contano. Ed è per questo che ti abbiamo amato ed apprezzato subito. Perché ci hai aperto gli occhi, su di un mondo per noi troppo lontano: quello della povertà. Perché ci hai fatto capire che Gesù nudo è in ogni nudo, e che Gesù sofferente è in ogni sofferente. Ci hai fatto davvero vergognare quando ci hai detto che il grido del povero sale fino a Dio, ma non arriva alle orecchie dell’uomo. Ci hai insegnato la carità e l’amore con la naturalezza e con il fascino delle cose vissute in prima persona. Ed è con questo spirito cristiano dell’uomo che cerca Dio nell’uomo, che siamo andati avanti per venti lunghissimi anni, durante i quali, non sono mancate delusioni ed incomprensioni, ma come un fratello maggiore ed amico, ci hai amati così, come siamo. E noi non finiremo mai di esserti riconoscenti perché hai guidato, col dialogo e con la comprensione, questa nostra comunità determinata nella critica ma sonnolenta nella fede. Perché pur restando sempre ancorato alle radici di apostolo della Chiesa, hai saputo rinnovarti e mantenerti nella perenne giovinezza di chi appartiene all’eternità di Dio. Perché sei stato capace di far rientrare le mura di questa improbabile chiesa, nella propria definizione: la casa di Dio. Perché hai sostenuto il peso dei nostri limiti umani, obbedendo ad un unico motivo dominante: l’amore. Grazie per quello che hai fatto e per quello che farai per noi. Dalle piccole alle grandi cose. Tutte preziose. Grazie per la commozione che ci trasmetti quando ci racconti della muta felicità di un lebbroso a cui siamo riusciti a costruirgli una piccola casa. Grazie per quando ci fai partecipi del sorriso riconoscente, di quei bambini dell’India lontana, che finalmente possono mangiare una volta al giorno. Grazie per quel pezzo di pane fragrante di carità che sai offrire sempre, ai poveri di casa nostra che arrivano a te con i volti velati di umiliazione. Grazie anche per quella scena tenerissima dei bambini che raduni attorno all’altare durante le tue Messe, facendoci respirare il profumo buono dell’innocenza. Grazie per quel suono, all’unisono col tuo cuore, di quelle campane a morto che accompagnava il cadere degli alberi ed interpretava anche la sofferenza di ognuno di noi. Grazie per la tua aria scanzonata di quando chiami le parrocchiane con cui sei più in confidenza “zzénghere e vergare” e quando butti dal letto i ragazzi durante i ritiri, col suono strampalato della tua fisarmonica. Ma soprattutto grazie, perché non c’è stata nessuna, delle tue colorite prediche, che non ci abbia risvegliato l’entusiasmo verso le realtà della fede.
Rispettosamente
I TUOI PARROCCHIANI””
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