Mancavano ancora pochi metri ma la fatica, i problemi fisici e le condizioni davvero proibite della montagna hanno impedito ai tre scalatori, due recanatesi, Marco Capodacqua e Roberto Pellegrini, e un veneto, Giovanni d’Armellina, di raggiungere la vetta dell’Aconcagua, a 7000 metri di altezza, ma il vessillo di Montecavallo, il più piccolo comune del maceratese, simbolo della tragedia del terremoto, è stato portato sino a quota 6.300. Un’impresa che ha dell’eroico e che servirà comunque a conseguire l’obiettivo di aiutare il comune guidato dal sindaco Pietro Cecoli che questa mattina, nel corso di una conferenza stampa, ha annunciato che l’amministrazione comunale sta predisponendo gli atti per il conferimento della cittadinanza onoraria a questi tre eroi. “Non siamo abituati a lasciare le cose a metà, ha detto Pellegrini, per cui non sarà questa l’ultima nostra impresa perché vogliamo ritentare di salire in vetta facendo esperienza delle difficoltà che abbiamo incontrato”. E già ci sono due ditte italiane che si sono offerte come sponsor per scalare il Kilimangiaro. “E’ proprio vero, ha detto il presidente della Provincia Antonio Pettinari, che chi ha questa passione non si arrende mai, soprattutto quando è animata da nobili obiettivi”. Il console di Mendoza, nel salutarli, ha chiesto la documentazione fotografica di questa loro impresa per fare una mostra nel corso della quale saranno raccolti fondi, con l’aiuto della forte comunità marchigiana presente nel luogo, per il comune di Montecavalo. “Infine, ha detto Marco Capodacqua, domani mattina racconteranno questa nostra esperienza agli alunni della primaria Olimpia di Montefano che hanno avuto modo con i loro insegnanti di fare dei collegamenti in audio video nel corso della nostra scalata”.
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