Al Mattei di Recanati SCORBOT III gioca a scacchi

Era il 10 febbraio 1996 quando Deep Blue, il computer appositamente progettato dall’IBM, sfidò a Filadelfia l’allora campione del mondo di scacchi Garry Kasparov. Da allora la competizione tra intelligenza umana e quella artificiale è diventata sempre più agguerrita.

In poco più di venti anni i motori scacchistici, software informatici appositamente sviluppati per il “nobil gioco”, sono diventati imbattibili anche per i super-campioni di scacchi che viceversa se ne servono per i loro allenamenti.

Solo nel 2010 Konstantin Kosteniuk, padre della campionessa mondiale di scacchi Alexandra Kosteniuk, ha realizzato un braccio robotico in grado di spostare da sé i propri pezzi, fornendo ai computer quella "manualità" che ancora mancava loro.

Un desiderio molto antico, quello di giocare contro un automa, visto che già nel 1770 fu realizzato il primo e più celebre automa in grado di giocare a scacchi, denominato “il Turco”. Il nobile ungherese, Wolfgang von Kempelen, incaricato dall'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, per allietare le noiose serata di corte, ha presentato un “manichino meccanico” vestito in abiti orientali e con un turbante in testa, seduto dietro una scrivania chiusa da tre sportelli e due cassetti in fondo". Ma tutto ciò si rivelò un’autentica truffa: dopo che, all’inizio di ogni partita l’inventore apriva gli sportelli ad uno ad uno, mostrando agli spettatori un complesso di ingranaggi, rotelle, fili di ogni genere, veramente impressionante, con abile mossa, un uomo di piccola statura si collocava al suo interno e veniva istruito per far muovere i pezzi.

Giorgio Zoppi da Castelfidardo, studente appena diplomato all’ITIS Mattei di Recanati, con il massimo del voti (100/100 e lode), ha presentato alla commissione non la truffa del Turco, bensì il robot Scorbot III in dotazione al laboratorio, programmato per giocare a scacchi.

Una scacchiera con piano in plexiglass trasparente dotata di 64 sensori di Hall per individuare le posizioni dei pezzi, una strip di led RGB ad indirizzamento singolo per segnalare visivamente le ultime mosse giocate e quelle possibili dei pezzi mossi, un PC con interfaccia utente per la proiezione della partita e una scheda Arduino Mega per la gestione degli input e output sono gli ingredienti di questo straordinario progetto.

Solo per dare un’idea del capolavoro portato a termine, elenchiamo le criticità affrontate e risolte da Giorgio: interfacciamento e comunicazione tra i sistemi a microprocessore, lettura dei movimenti effettuati dai pezzi, sistema di presa dei pezzi con altezze e forme differenti ma soprattutto, e questo è stupefacente, interpolazione dei movimenti degli assi del robot per evitare collisioni durante la collocazione e la rimozione dei pezzi.

Per risolvere quest’ultima problematica Giorgio ha dovuto calcolare complesse relazioni trigonometriche e programmarle nel proprio software. Da tener presente che i robot industriali posseggono nel firmware queste funzioni già implementate.

Tutto ciò ebbe inizio nel febbraio di questo anno quando, dopo aver stupito i ragazzi in visita a Scuola Aperta, facendo giocare Scorbot III a Tris, il suo insegnante gli lancia la sfida: “Ce la fai a farlo giocare a scacchi? Se ci riesci finiamo sui giornali!”.

Beh, Giorgio ha vinto la sfida.

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