Dopo una discretamente lunga carrellata nell’ambito della criminologia, voglio tornare nel campo della criminalistica, quello comunque a me più compiacente, riprendendo degli argomenti che avevo lasciato in sospeso quando, nei precedenti articoli, avevo trattato i rilievi tecnici sulla scena del crimine.
Una piccola premessa, non nascondo che l’ispirazione ad interrompere la scia della criminologia e tornare anzitempo sul campo della criminalistica, per trattare l’argomento che andrò a presentare, le armi, mi è venuta dopo un grave fatto di cronaca, che proprio nei giorni scorsi è tornato alla ribalta con la sentenza della Corte di Cassazione, la quale ha decretato l’annullamento del processo di Appello, mi riferisco al caso Marco Vannini; non mi pronuncio, per ora, sul fatto di cronaca, non ritengo giusto dare valutazioni senza aver avuto la possibilità di studiare gli atti e soprattutto mentre si sta svolgendo un processo, più avanti vedremo.
L’argomento che andrò a trattare, con più articoli, è relativo alle armi da fuoco, dove andremo a vedere le armi comuni da sparo e da guerra, le parti e congegni delle armi, le munizioni, l’ambito di interesse della balistica forense, i residui dello sparo ex “guanto di paraffina”, balistica e comparazione, rilievi balistici sulla scena del crimine.
Prima di introdurmi nell’argomento, devo presentare lo scopo della “balistica forense”, ovvero quel settore che riguarda le indagini per la ricostruzione dei fatti criminosi con l’obiettivo di risalire all’arma utilizzata e quindi all’autore del reato. Nel campo della balistica forense non conta la valutazione personale dell’esperto, come elemento soggettivo nella criminologia, ma la presentazione dei fatti concreti a mezzo di ricostruzione scientifica supportata da una buona dimostrazione fotografica dei risultati raggiunti. Per raggiungere questo obiettivo la balistica forense deve procedere seguendo una serie di step, ovvero: esaminare l’arma; esaminare i danni balistici; stimare la distanza dello sparo; identificare le caratteristiche del tiratore; prelevare, identificare e conservare i reperti; identificare e descrivere il luogo dell’evento. Nel caso in cui lo sparo ha provocato lesioni o morte, è necessaria una corretta ed approfondita diagnosi medico-legale, allo scopo di focalizzare e fissare il numero di colpi che hanno raggiunto la vittima, la distanza dello sparo e le posizioni reciproche tra reo e vittima.
Fatta questa premessa introduttiva, vado a presentare le armi comuni da sparo e le armi da guerra; la norma che regolamenta questa distinzione nasce con la legge 18 aprile 1975 n. 110, che istituisce il “catalogo nazionale delle armi”, successivamente abrogata/modificata dalla legge 12 novembre 2011 n. 183 e successivi Decreti Ministeriali. In forma sintetica si possono distinguere le armi come di seguito vado a descrivere.
Sono considerate “armi comuni da sparo” quelle che presentano le seguenti caratteristiche: fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia; fucili a due canne con anima rigata, o due o tre canne miste, ad anime lisce o rigate, a caricamento successivo con azione manuale; fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia o rigata, anche se predisposti per il funzionamento semiautomatico; fucili e carabine che impiegano munizioni a percussione anulare, purché non a funzionamento automatico; le rivoltelle a rotazione; le pistole a funzionamento semiautomatico; le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890.
Per una maggior precisazione, la differenza tra canna ad anima liscia o rigata, è strettamente collegata al tipo di munizionamento utilizzato; quelle ad anima liscia, generalmente utilizzate per tiro sportivo (tiro al piattello) o attività venatoria, utilizzano munizioni c.d. “a carica spezzata”, ovvero quelle che contengono nel bossolo più palle, o pallini, di piombo, ovvero anche un’unica “palla” in piombo, però sempre contenuta nel bossolo (ad esempio utilizzate per la caccia al cinghiale); quelle ad anima rigata utilizzano solo munizioni a “palla singola”, c.d. “ogiva”, in piombo, anche con incamiciatura metallica, l’andamento della rigatura, “sinistrorsa” o “destrorsa”, dà all’ogiva in uscita una rotazione atta a mantenere la traiettoria. Questi aspetti li approfondiremo quando andrò a parlare della comparazione balistica.
Sono considerate “armi da guerra” tutte quelle che per la loro spiccata potenzialità offensiva, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualsiasi natura, le bottiglie o gli involucri incendiari. Le armi tipo guerra sono quelle che pur non rientrando tra le armi da guerra, possono utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra, ovvero sono predisposte al funzionamento automatico per l’esecuzione del tiro a raffica, o presentano caratteristiche balistiche o di impegno comuni con le armi da guerra.
Per quanto riguarda le munizioni, oltre alla prima distinzione che ho già fatto sopra, è doveroso aggiungere che esse sono le c.d. “cartucce”, che comprendono anche quelle a salve; la loro destinazione è il caricamento delle armi da sparo sia lunghe, fucili e carabine, che armi corte, rivoltelle e pistole. La legge vieta l’utilizzo di “proiettili” a punta cava, c.d. ad espansione, a nucleo perforante, traccianti, incendiari ed a carica esplosiva; per proiettile si intende la parte della cartuccia che viene “proiettato” al di fuori dell’arma, nel nostro caso, l’ogiva.
Passiamo ora alla descrizione delle parti e congegni di un’arma:
la canna: è costituita da un profilato metallico, acciaio legato e trattato, o materiale sintetico ad alta resistenza, ha la forma esterna di un cilindro o di un prisma, ed è forato longitudinalmente. Nelle canne rigate il foro longitudinale ha un diametro costante, mente in quelle lisce può variare assumendo una forma conica sia nella parte immediatamente dopo la camera di scoppio, o di cartuccia, che nell’estremità anteriore, denominate “strozzature”. La funzione della canna è quella di contenere, nella “camera di scoppio” la cartuccia sia nel periodo statico che nel periodo dinamico dello sparo; funge ed ha la funzione di: camera di compressione a volume variabile durante la deflagrazione del propellente; guida il proiettile durante l’accelerazione impulsiva; nel caso della canna rigata stabilizza il proiettile trasmettendo la funzione giroscopica; getta il proiettile verso il bersaglio mirato. La canna si divide in quattro parti: vivo di culatta, la parte posteriore; camera di scoppio, la parte che incamera la cartuccia; corpo, parte centrale dove la deflagrazione del propellente dà la velocità al proiettile e la rotazione se rigata; vivo di volata, la parte terminale anteriore.
Il castello: detto anche fusto di un’arma da fuoco, è la parte dove sono contenuti i vari congegni destinati alla funzionalità dell’arma, nelle armi corte fa parte del castello anche l’impugnatura o calcio. Può essere in metallo, alluminio o materiale sintetico. Nelle armi semiautomatiche è posto al di sotto del carrello, nei revolver intorno al tamburo
Otturatore – congegno di chiusura: chiamato anche culatta, è la parte meccanica fissa o mobile posta al di sopra del castello. Ha la funzione di introduzione della cartuccia nella camera di scoppio della canna chiudendolo geometricamente per favorire la sua tenuta durante lo sparo, nonché la tenuta dei gas di scarico prodotti dalla carica di lancio. Fa parte del congegno di chiusura il percussore.
Congegno o meccanismo di sparo: i due elementi fondamentali sono il grilletto ed il cane. Il primo detto anche “leva di scatto” è la parte esterna del meccanismo, posizionato sotto al castello e protetto, generalmente, dal “ponticello”. L’azionamento del grilletto, di norma prodotto con il dito indice della mano, permette il rilascio e conseguente abbattimento del “cane”. Questo può essere collocato sia all’esterno che all’interno del castello, e termina la sua corsa andando ad impattare sul percussore, il quale, a sua volta, colpisce la capsula dell’innesco della cartuccia producendo la catena della deflagrazione e sparo. In alcune armi, come ad esempio i revolver, il cane funge direttamente anche da percussore andando direttamente ad impattare con la capsula d’innesco.
Congegno di estrazione ed espulsione: sono integrati nel congegno di chiusura, hanno lo scopo di estrarre il bossolo della cartuccia esplosa per sostituirla con una da esplodere. Fanno parte del congegno, in genere, due elementi, “l’unghia estrattrice” che aggancia nel “collarino” il bossolo posto all’interno della camera di scoppio, tirandolo indietro ed estraendolo dalla canna. Lungo la corsa dell’estrazione il bossolo va ad impattare con un ostacolo fisso, “l’eiettore”, che blocca la corsa dello stesso facendolo proiettare all’esterno dell’arma.
Munizioni o cartucce: sono composte da tre parti principali, la capsula dell’innesco, il bossolo, ed il proiettile. La capsula dell’innesco ha una carica esplodente, un composto chimico, la stessa, dopo essere stata colpita dal percussore, dà origine alla combustione e seguente esplosione della polvere da sparo. Il bossolo può essere di ottone, di plastica o di cartone, è suddiviso in più parti: il fondello, estremità inferiore del bossolo, sempre in ottone, dove si trova l’alloggio della capsula d’innesco ed il collarino o scanalatura che serve all’aggancio dell’unghia estrattrice; il corpo; solo per alcune cartucce per canne rigate troviamo la spalla e collarino; la bocca, ovvero l’estremità superiore del bossolo. Il proiettile, ovvero la parte della cartuccia che viene lanciata dall’arma, è di due tipi: per le armi con canna rigata è costituito da un’unica palla, l’ogiva, che è parzialmente inserita nel colletto del bossolo rimanendo per la maggior parte al di fuori dello stesso; per le armi a canna liscia, il proiettile è completamente inserito all’interno del bossolo e può essere costituito da un’unica palla o da più pallini in piombo.
La presentazione delle armi è doverosa, in particolare per chi non conosce la materia, perché in fase di ricostruzione dell’evento o nella comparazione balistica, si dovranno prendere in considerazione parti specifiche dell’arma.
Parlando di balistica forense, dobbiamo fissare quali sono le tematiche di interesse, le quali sono raggruppabili nelle seguenti attività di studio: esame dell’arma e della sua meccanica; la definizione del numero di colpi che possono essere contenuti nel caricatore e quanti ne risultano non esplosi; l’identificazione del calibro dell’arma e dei colpi esplosi; l’interpretazione dei rilievi ambientali e testimoniali; l’identificazione e la descrizione dove è avvenuto l’evento; l’esame di danneggiamento da sparo negli ambienti e su veicoli; la ricerca, il prelievo, la conservazione e l’identificazione dei reperti di interesse balistico; l’esame dell’arma, l’accertamento delle sue caratteristiche e della funzionalità; la identificazione del tiratore; la valutazione della distanza di sparo; la valutazione dell’epoca della morte o del ferimento, della causa e dei mezzi impiegati; il tempo di sopravvivenza della vittima colpita; la valutazione dell’ipotetica possibilità della vittima colpita, di compiere autonomamente azioni o spostamenti dopo il ferimento; il tipo o tipi di armi impiegate, calibro, numero dei colpi, distanza di sparo e posizione della vittima e dello sparatore.
Qui mi fermo, nel prossimo articolo continuerò a presentare di cosa si occupa l’esperto in balistica, scendendo nelle aree di interesse e nelle funzioni della balistica, andando a focalizzare i residui dello sparo e l’ex guanto di paraffina.
Accattoli Gabriele
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