Acquistate da privati le lettere di Leopardi

Sono due collezionisti privati e due antiquari europei gli acquirenti delle quattro lettere autografe di Giacomo Leopardi (1798-1837) che facevano parte della collezione privata del leggendario direttore d’orchestra Arturo Toscanini. Sono state vendute all’asta da Sotheby’s a Londra per una somma complessiva di 55.625 sterline (circa 68.940 euro), ovvero il doppio della stima.  Sono stati vani, dunque, gli appelli di enti, istituzioni e parlamentari affinche’ fosse il ministero dei Beni culturali italiano ad acquistare i cimeli leopardiani. Ad avanzare una richiesta in tal senso anche Fabio Corvatta, presidente del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati. Le missive originali dell’autore del poema ”A Silvia”, di cui due al padre Monaldo, non sono mai state finora esaminate direttamente dagli studiosi, perche’ per oltre 80 anni hanno fatto parte delle carte private di Toscanini, custodite gelosamente dai suoi eredi. Gli autografi di Leopardi erano tra gli 88 lotti della collezione Toscanini, messa all’asta dagli eredi dell’architetto Wilfredo Toscanini, ultimo nipote scomparso quasi un anno fa negli Usa. Su 88 lotti, ne sono stati venduti 78 per un incasso totale di 1,2 milioni di sterline. Tra i cimeli aggiudicati un pianoforte Steinway del 1910 (venduto per 44.450 sterline), lettere di Beethoven (56.000 sterline) e Verdi (157.250 sterline) e spartiti di Mendelssohn (433.250 sterline) e Brahms (18.750). La piccola raccolta epistolare leopardiana si apre con una lettera scritta da Recanati il 14 novembre 1817 ed e’ indirizzata al cardinale e filologo Angelo Mai, a cui tre anni piu’ tardi il poeta avrebbe dedicato una celebre ode. La seconda lettera, scritta da Bologna il 20 febbraio 1826, e’ indirizzata al conte Monaldo Leopardi e Giacomo ringrazia il padre per l’invio di una vasetto di fichi sott’olio, poi discute di vino e formaggi e quindi affronta il tema del suo cagionevole stato di salute. In data 31 maggio 1826, da Bologna, nella terza lettera in asta, Leopardi scrive all’amico Antonio Fortunato Stella, tipografo ed editore milanese, con cui parla delle sue ”Operette morali” e della poetica di Francesco Petrarca.  Come ha ricordato Fabio Corvatta, presidente del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati, ”i moderni curatori delle edizioni dell’Epistolario leopardiano non hanno mai potuto controllare direttamente queste quattro lettere originali, dovendosi accontentare – e’ stato il caso di Francesco Flora per la sua edizione del 1949 – dei riscontri trasmessi gentilmente da Walter Toscanini. Pertanto questi autografi, oltre al loro valore antiquario, rivestono indubbia importanza filologica”. agenzia AdnKronos

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