In Italia, a differenza di molti altri Paese europei, sembra che la ripresa economica stenti molto a prender fiato, con il conseguente aumento della disoccupazione, specialmente giovanile, e con la caduta dei consumi, poiché cresce il numero dei poveri.
Qualcuno, più fortunato di altri, come da più parti si racconta, riesce pure a trovare lavoro a tre euro l’ora, logicamente in nero.
Tanti extra comunitari si adattano a questo trattamento anche perché abituati ad una vita molto spartana, e forse anche questo, visto il tornaconto per molti, oltrechè la nostra posizione geografica, contribuisce alla mancata adozione di misure idonee a porre qualche freno all’invasione incontrollata cui siamo sottoposti.
Il guadagno, la convenienza, l’interesse privato, in una lettura esasperata del liberismo economico oggi dilagante, purtroppo prevalgono sopra qualsiasi altra istanza.
Il mercato, nell’impostazione dell’economia classica imperniata sul liberismo, deperisce e muore se si mette a fare i conti con la coscienza.
In tale contesto, che ha tante cause che sarebbe lungo elencare, non ultima la grande guerra economica in atto tra le superpotenze, andrebbe ripreso in seria considerazione il discorso neo-keynesiano del reddito minimo garantito a tuttti, legato, però, all’obbligo di accettare un lavoro legalmente regolato nel momento in cui venisse offerto.
Per le finanze statali questa misura finirebbe per essere quasi una partita di giro a patto che ci fosse il corretto ritorno fiscale derivante dall’incremento dei redditi complessivi, legato alla maggiore capacità di spesa dei consumatori.
Con rammarico ammetto di temere che proprio sotto questo profilo possa cadere l’asino.
E’ troppo inveterato nel nostro Paese il vizio dell’evasione fiscale da parte della maggioranza di quelli che non hanno busta paga o certificato di pensione,ma hanno un reddito elastico.
L’intervento pubblico in campo economico,come non solo Keynes auspicava, è utile e necessario considerato che l’economia è soggetta naturalmente a cicli, ma deve avere giusti ritorni oltre quello d’ordine sociale, come il pieno impiego, perché se ciò non avvenisse produrrebbe soprattutto deficit, alla lunga fonte di depressione.
Fedeltà fiscale, stimolata, però, da un serio e corretto utilizzo delle risorse pubbliche, porterebbe pure per tutti l’abbassamento della stessa pressione fiscale, oggi tanto elevata.
Gianni Bonfili
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