Dopo la prima di Macerata che ha riscosso un forte successo di pubblico e numerose simpatie, il popolare Frate golosone e impunito, Frà Trofèllo da Vallescóncia, passerà anche a Recanati, sabato 24 marzo alle ore 18 presso il Salone del Popolo, dove darà vita ad una presentazione insolita e divertente della sua fantasia semantica e culinaria. Con il patrocinio del Comune di Recanati, l’iniziativa, lanciata dalle Edizioni Simple di Macerata e presentata dall’Assessore alla Cultura di Recanati dott. Andrea Marinelli, vedrà sul palco le singolari avventure linguistiche dell’ormai celebre Frate, che, non appagato dalla vita claustrale, ha deciso di combattere la crisi dei tristi tempi in cui viviamo con le armi dell’ironia, del sarcasmo e della buona cucina.
Il volumetto, intitolato “lonforicette di Frà Trofèllo da Vallesconcia” e accompagnato da un cd su cui sono state incise e recitate con sottofondo musicale di ballate popolari le più significative performances ivi contenute, reca la prefazione della magistrale penna di uno scatenato Rino Pensato, esperto di letteratura gastronomica e consulente editoriale di Casa Artusi e si avvarrà della voce recitante di Stefano Bianchi e dell’autrice Elisabetta Baleani, nonché della perizia cuciniera di Letizia dell’Osteria dei Fiori di Macerata per farsi conoscere e apprezzare anche a Recanati, sua madrepatria. Le “lonforicette” infatti, sono testi metasemantici che invitano ad una facile e piacevole lettura chiunque si conceda al buon umore e all’inventiva, poiché si prestano ad essere tradotte sia in cucina che nella vita come ognuno vorrà, dato che le parole che le compongono sono del tutto inventate, come il “Grammellot” di Dario Fo o le “fanfole” di Fosco Maraini a cui si sono ispirate, essendo stato quest’ultimo il fondatore di tutta la “lonfocultura”.
L’idea di mettere insieme un ricettario così particolare e irriverente è nata all’autrice Elisabetta Baleani, già al secondo libro (il primo è intitolato “Vento rosso” ed è uscito nel 2009 sempre col marchio delle Edizioni Simple), da quando si è iniziata a materializzare in lei la figura di Frà Troféllo, il cui nome evoca chiaramente l’archetipo del religioso beffardo e gaudente, che oltre a pascersi di sacra dottrina, si pasce di buona tavola e che, invece di sognare il paradiso, sogna santi lievitanti in panna, aureole a forma di ciambella e assolve con più facilità i fedeli che gli passano confetti dal confessionale. Il nostro eroe è dunque un religioso anticonvenzionale e dissidente, che in tempi tanto magri, quali quelli di ogni epoca, cerca di alleviare la propria sorte e quella altrui con l’unico ben di Dio concretamente tangibile, cioè il buon cibo, e che dato il suo apprendistato culinario, viene persino chiamato da papa Volpino VII a cucinare per il Vaticano con esiti clamorosi.
Ed è proprio la saggezza antica del frate che viene celebrata nel volumetto, perché “i donabbòndi in sugo di bustarélla” costituiscono una ricetta sempre di moda, così come “i rùspoli al canchero” possono risultare indigesti, o “i papocchi in orcamatta” rimangono difficilmente digeribili, anche per gli stomaci di ferro alla Frà Troféllo.