di Giovanni Bonfili. L’immigrazione nel nostro Paese,rilevante negli ultimi anni pur nell’accentuazione di una nostra crisi economica che sembra senza fine,ha suscitato e continua a suscitare un intenso dibattito,spesso aspro e venato di malanimo,anche se non è del tutto ingiustificato alla luce di certi comportamenti da parte di non pochi immigrati. Questi,infatti,dovrebbero tenere atteggiamenti di tutto rispetto nei confronti di un Paese che consente loro di scappare da situazioni di estremo disagio,doverosamente considerato che ci si riferisce ad un Paese che, purtroppo,ha i suoi bei problemi.
Indispettisce dover prendere atto che questo principio venga violato tanto frequentemente,come le cronache riportano,sicuramente solo da frange minoritarie di immigrati,ma bisogna essere più sereni e ponderati nei giudizi conclusivi e generalizzanti.
La figura dell’immigrato merita comprensione,è un essere umano dal bisogno sradicato dal suo ambiente,dalla sua cultura,dalle sue relazioni,dal suo habitat nel quale aveva vissuto gli anni della sua formazione,e da tutto ciò non è facile liberarsi dall’oggi al domani,ed a questo mi ha fatto pensare la chiusura di una poesia in dialetto recanatese,di una terra a suo tempo di forte emigrazione,dell’indimenticabile Remo Stortoni,Cachì per noi anziani recanatesi,intitolata “U borgo servaggio “ che di seguito trascrivo :
……..Scrive un zio dall’America a Carletto,
che ‘ppò m’a fatta lege per sentì
se cò po’ fa ‘sta torre e quale effetto;
dice ‘a chiusa d’a lettera accuscì :
Grazie a Dio,’a salute nun me manga.a quadrì pure,in fonno,stago bè,
nun se commatte più certo c’a vanga,
però ‘gni tanto sento un nun su che :
E’ un desiderio de rsentì sunà
‘a campana d’a torre d’u pavese,ch’è tanti anni che n’a sento più.
Fammece un disco e mannemo per posta,
se è p’e spese ,nun ce sta a pensà,
quello che costa ,costa !
Ce l’ho sempre ‘ntr’e recchie ‘ssa campana,
famme rsentì sunà ‘ssa meridiana !!