Che fine ha fatto la casa della salute?

Che fine ha fatto la casa della salute che avrebbe dovuto sostituire il vecchio ospedale S. Lucia con il coinvolgimento dei medici di medicina generale, più popolarmente conosciuti come medici di famiglia? E’ da un pezzo che non se ne parla più e che non si svolgono le riunioni con gli addetti ai lavori e i vertici dell’Area Vasta 3. Gianfranco Fuselli, uno dei medici di base, non se ne duole di certo. Anzi, con somma soddisfazione grida vittoria perché insieme a molti altri colleghi era contrario a  questo progetto. “Noi siamo riusciti nella nostra Asl a bloccare la casa della salute che era un tentativo di scaricare sugli altri, cioè su noi medici, responsabilità che sono, invece, di chi comanda. Probabilmente non si farà più perché nessun medico era disponibile ad andare a lavorare nella casa della salute.” Ha qualcosa da dire su questo tema anche Pierpaolo Morosini, primario in pensione della clinica medica di Torrette e per tre anni direttore generale della Asl zona 8 (Civitanova- Recanati), quando ricorda che “hanno chiuso dicendo che avrebbero riempito gli ospedali con case della salute ma tutto è vuoto.” La verità è che la casa della salute non riscuote grande consenso da parte dei medici di medicina generale. “Diciamo che il 70% è scontento e il 30%, i più giovani, la vorrebbe. La colpa è della Regione perché al medico di medicina generale sino ad oggi si è chiesto essenzialmente di fare il burocrate perché la Regione aveva bisogno di avere i dati sanitari delle prescrizioni o dei farmaci con l’obiettivo di informatizzare tutta la loro attività. Una volta costretti ad essere dei burocrati compilatori una parte di loro non ha rinunciato all’idea di essere anche un medico e di gestire la malattia, una parte si è adagiata solo su questo ruolo ed è difficile ora tornare indietro. Bisogna riparte dalle università per preparare nuovi  medici di medicina generale.” Altro punto di scontro è la spesa sanitaria. Fuselli evidenza il paradosso del rapporto 30 a 70 fra soldi spesi per la salute e quelli per tutto il resto: burocrazia, stipendi, incentivi dei manager, ecc… “I soldi ci sono, incalza Morosini,  pero da tecnico devo dire che spesso sono spesi male e c’è un grande spreco e questo rende impossibile innovare.” Per Morosini insomma “non ha senso mantenere in vita servizi che non danno risultati importanti e che consumano solo risorse. Il risultato si misura dagli esiti che tu hai per determinate patologie ma questa analisi spesso non viene fatta.”

 

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